Nel gennaio 2011 avevo contattato Horiki per qualche consiglio su un viaggio in Giappone. Mi indicò un amico suo (credo a Osaka) da incontrare e qualche posto da visitare. Purtroppo la grande onda spazzò via la costa est giapponese, provocando la tragedia nucleare a Fukushima.

Conobbi l'artista Horiki nel 1969 a Torino, una città del nord Italia. All'epoca insegnavo aikidō a Torino e nel 1969, in città, vivevano una decina di giapponesi, tutti impegnati nell'industria automobilistica (Torino è una città con una fiorente industria automobilistica), nella cucina italiana e nelle arti marziali giapponesi.

Advancing into the seventh decade of my life, it is natural to look back on what has passed and Horiki has, for forty years, been an ever-present figure. The final reckoning must make space for affinities with people who appear unexpectedly, as though from alchemical reactions.

The memory of Horiki transports me to a distant past made up of endless discussions about the making of art. For him being an artist was like a ‘priesthood’ devoted to an aesthetic vision of life enveloped in sublime beauty.